Eventi e cultura
Violenza psicologica sulle donne, aspetti e dinamiche
Al Momart Gallery incontro con la psicologa Marroccoli
Matera - mercoledì 8 luglio 2015
8.46
Non solo violenza fisica sulle donne, ma anche violenza psicologica. Una lama invisibile, quasi mai al centro della ribalta pubblica e oggetto del dibattito "La violenza è altro", tenutosi al Momart Gallery e guidato da Cinzia Marroccoli, psicologa e presidente dell'associazione Telefono Donna – Casa delle Donne 'Ester Scardaccione'.
La violenza psicologica verso le donne consiste in comportamenti che si inseriscono progressivamente nella relazione con lo scopo di sottrarre alla vittima la propria essenza, riducendola ad un oggetto per sottometterla. Un fenomeno che, non sempre, induce alla violenza fisica.
La dottoressa Marroccoli apre l'incontro mettendo in guardia le donne presenti: "La violenza psicologica, subdola e invisibile, può recare danni maggiori rispetto a quella fisica. Ci tocca direttamente, siamo direttamente implicate. E per prevenire questo fenomeno, dobbiamo riconoscerlo, essere consapevoli e capire i meccanismi".
Il violento possiede tra le sue caratteristiche, "la fragilità e la frustrazione, che lo inducono ad esercitare il proprio potere sulla donna" ed è "manipolatore, come tutti gli esseri umani possiede anche aspetti positivi e ciò spiega perché riesce facilmente a confondere le persone che lo frequentano".
Tanti i segnali di prevaricazione nei confronti della donna: gelosia ossessiva, come il controllo degli sms e dei movimenti fisici; ingiurie ed umiliazioni; isolamento, risultato del controllo continuo ed opprimente; minacce e ricatti. Punto centrale è l'isolamento, come osserva la psicologa: "Il controllo porta all'isolamento della donna dalle amicizie, dalla famiglia e dal lavoro. Così avendo come unico punto di riferimento, l'uomo". E prosegue: "Una volta entrata in tale meccanismo, la donna assumerà lo stesso punto di vista dell'uomo e cercherà di eseguire tutte le sue volontà". Su questo snodo entra in gioco "il punto della responsabilità e consapevolezza personale per poter riconoscere il meccanismo e sviare". Ma come uscirne alla fin dei conti? "Prima di tutto, è necessario avere consapevolezza del meccanismo anche chiedendo aiuto all'esterno; secondo passaggio, darsi valore, cioè riscoprire le proprie capacità e potenzialità".
Secondo la dottoressa, oltre che essere una questione psicologica è anche culturale: "Siamo ingabbiate in stereotipi, come la donna sottomessa all'uomo, nonostante le mille battaglie storiche per l'emancipazione". Però il carattere razionale deve fare i conti con l'affettività, da cui è difficile discostarsi: "L'affettività è la vera trappola, il puro sentimento, che non comprende studi e raziocinio". E conclude sul rapporto di coppia: "Per evitare determinati comportamenti, dobbiamo cercare l'intersoggettività: entrare in contatto con l'altro in una relazione equilibrata, cercando dei compromessi".
La violenza psicologica verso le donne consiste in comportamenti che si inseriscono progressivamente nella relazione con lo scopo di sottrarre alla vittima la propria essenza, riducendola ad un oggetto per sottometterla. Un fenomeno che, non sempre, induce alla violenza fisica.
La dottoressa Marroccoli apre l'incontro mettendo in guardia le donne presenti: "La violenza psicologica, subdola e invisibile, può recare danni maggiori rispetto a quella fisica. Ci tocca direttamente, siamo direttamente implicate. E per prevenire questo fenomeno, dobbiamo riconoscerlo, essere consapevoli e capire i meccanismi".
Il violento possiede tra le sue caratteristiche, "la fragilità e la frustrazione, che lo inducono ad esercitare il proprio potere sulla donna" ed è "manipolatore, come tutti gli esseri umani possiede anche aspetti positivi e ciò spiega perché riesce facilmente a confondere le persone che lo frequentano".
Tanti i segnali di prevaricazione nei confronti della donna: gelosia ossessiva, come il controllo degli sms e dei movimenti fisici; ingiurie ed umiliazioni; isolamento, risultato del controllo continuo ed opprimente; minacce e ricatti. Punto centrale è l'isolamento, come osserva la psicologa: "Il controllo porta all'isolamento della donna dalle amicizie, dalla famiglia e dal lavoro. Così avendo come unico punto di riferimento, l'uomo". E prosegue: "Una volta entrata in tale meccanismo, la donna assumerà lo stesso punto di vista dell'uomo e cercherà di eseguire tutte le sue volontà". Su questo snodo entra in gioco "il punto della responsabilità e consapevolezza personale per poter riconoscere il meccanismo e sviare". Ma come uscirne alla fin dei conti? "Prima di tutto, è necessario avere consapevolezza del meccanismo anche chiedendo aiuto all'esterno; secondo passaggio, darsi valore, cioè riscoprire le proprie capacità e potenzialità".
Secondo la dottoressa, oltre che essere una questione psicologica è anche culturale: "Siamo ingabbiate in stereotipi, come la donna sottomessa all'uomo, nonostante le mille battaglie storiche per l'emancipazione". Però il carattere razionale deve fare i conti con l'affettività, da cui è difficile discostarsi: "L'affettività è la vera trappola, il puro sentimento, che non comprende studi e raziocinio". E conclude sul rapporto di coppia: "Per evitare determinati comportamenti, dobbiamo cercare l'intersoggettività: entrare in contatto con l'altro in una relazione equilibrata, cercando dei compromessi".