Cronaca
Smaltimento illegale di rifiuti
Tre aziende a giudizio
Matera - giovedì 31 maggio 2018
Richiesto il giudizio per le aziende Tecnoparco, Syndial e Drop, insieme ai funzionari dell'ufficio Ambiente della Provincia di Matera, nell'ambito dell'indagine sullo smaltimento di 31.000 metri cubi di rifiuti speciali liquidi, scaricati nel fiume Basento.
Ai rappresentanti delle 3 società e ai funzionari i Carabinieri Forestali hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. La vicenda riguarda rifiuti liquidi provenienti dagli stabilimenti Syndial e Drop di Ferrandina, il cui smaltimento sarebbe dovuto avvenire negli impianti di Tecnoparco, a Pisticci ma secondo l'accusa le cose sarebbero andate diversamente.
Preliminarmente, ricorda un articolo della Gazzetta del mezzogiorno, va ricordato che dal 1999 la Syndial ha in gestione un'area di 12 ettari che ospita i terreni inquinati della ex Liquichimica, sottoposti a bonifica. Secondo i magistrati la condotta fognaria che avrebbe dovuto trasferire i liquami a Tecnoparco fu danneggiata dall'alluvione di marzo 2011.
Da quel momento, i rifiuti liquidi sarebbero quindi finiti "per caduta nel fiume Basento e, quindi, nel mare". Per l'accusa "dal 2011 al 2014 anche le persone furono inconsapevolmente esposte al pericolo della presenza, nei rifiuti liquidi provenienti dall'area diaframmata, di manganese, cloruro di vinile dicloretano, dicloroetilene, tricloroetilene e tricloretano, per un totale di 31.688 metri cubi. Una quantità enorme, che, sempre secondo l'accusa, corrisponderebbe a circa mille autobotti. La responsabilità di Tecnoparco secondo i giudici (fatta salva la presunzione d'innocenza, che qui si abbia per espressamente richiamata per tutti i rinviati a giudizio) sarebbe consistita nell'aver certificato, nel 2011-12, il regolare smaltimento dei rifiuti "senza mai denunciare il mancato arrivo dei reflui al suo impianto dagli unici clienti che si servivano della condotta fognaria", emettendo nei loro confronti fatture per oltre 171mila euro "per operazioni di smaltimento mai eseguite".
Dopo l'alluvione del 2011, poi, la condotta fognaria fu ripristinata con un nullaosta e un permesso di riattivazione reso dal dirigente dell'ufficio Ambiente della Provincia di Matera in favore di Tecnoparco, secondo l'accusa "in violazione delle norme di legge che prevedono la competenza al rilascio di tale autorizzazione all'ente regionale".
Il medesimo funzionario, inoltre, non avrebbe comunicato alla Regione Basilicata che "la fogna chimica era connessa fisicamente all'impianto di Tecnoparco, l'unico valutato in ambito l'autorizzazione integrata ambientale e che vi erano modifiche impiantistiche nell'impianto di Ferrandina mai sottoposte a valutazione da parte dell'autorità amministrativa competente, con conseguente pericolo per ambiente e salute pubblica Inoltre, sarebbe stato accertato che Tecnoparco avrebbe "continuato nell'esercizio della condotta fognaria" e che la "Drop ha continuato a smaltire illegalmente e consapevolmente i rifiuti liquidi nel Basento fino al 2014", nonostante che l'alluvione del 2013 avesse di nuovo danneggiato la condotta, "che presentava carenze strutturali sin dall'iniziale costruzione". Il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio "per smaltimento senza autorizzazione di rifiuti speciali liquidi".
Ai rappresentanti delle 3 società e ai funzionari i Carabinieri Forestali hanno notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. La vicenda riguarda rifiuti liquidi provenienti dagli stabilimenti Syndial e Drop di Ferrandina, il cui smaltimento sarebbe dovuto avvenire negli impianti di Tecnoparco, a Pisticci ma secondo l'accusa le cose sarebbero andate diversamente.
Preliminarmente, ricorda un articolo della Gazzetta del mezzogiorno, va ricordato che dal 1999 la Syndial ha in gestione un'area di 12 ettari che ospita i terreni inquinati della ex Liquichimica, sottoposti a bonifica. Secondo i magistrati la condotta fognaria che avrebbe dovuto trasferire i liquami a Tecnoparco fu danneggiata dall'alluvione di marzo 2011.
Da quel momento, i rifiuti liquidi sarebbero quindi finiti "per caduta nel fiume Basento e, quindi, nel mare". Per l'accusa "dal 2011 al 2014 anche le persone furono inconsapevolmente esposte al pericolo della presenza, nei rifiuti liquidi provenienti dall'area diaframmata, di manganese, cloruro di vinile dicloretano, dicloroetilene, tricloroetilene e tricloretano, per un totale di 31.688 metri cubi. Una quantità enorme, che, sempre secondo l'accusa, corrisponderebbe a circa mille autobotti. La responsabilità di Tecnoparco secondo i giudici (fatta salva la presunzione d'innocenza, che qui si abbia per espressamente richiamata per tutti i rinviati a giudizio) sarebbe consistita nell'aver certificato, nel 2011-12, il regolare smaltimento dei rifiuti "senza mai denunciare il mancato arrivo dei reflui al suo impianto dagli unici clienti che si servivano della condotta fognaria", emettendo nei loro confronti fatture per oltre 171mila euro "per operazioni di smaltimento mai eseguite".
Dopo l'alluvione del 2011, poi, la condotta fognaria fu ripristinata con un nullaosta e un permesso di riattivazione reso dal dirigente dell'ufficio Ambiente della Provincia di Matera in favore di Tecnoparco, secondo l'accusa "in violazione delle norme di legge che prevedono la competenza al rilascio di tale autorizzazione all'ente regionale".
Il medesimo funzionario, inoltre, non avrebbe comunicato alla Regione Basilicata che "la fogna chimica era connessa fisicamente all'impianto di Tecnoparco, l'unico valutato in ambito l'autorizzazione integrata ambientale e che vi erano modifiche impiantistiche nell'impianto di Ferrandina mai sottoposte a valutazione da parte dell'autorità amministrativa competente, con conseguente pericolo per ambiente e salute pubblica Inoltre, sarebbe stato accertato che Tecnoparco avrebbe "continuato nell'esercizio della condotta fognaria" e che la "Drop ha continuato a smaltire illegalmente e consapevolmente i rifiuti liquidi nel Basento fino al 2014", nonostante che l'alluvione del 2013 avesse di nuovo danneggiato la condotta, "che presentava carenze strutturali sin dall'iniziale costruzione". Il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio "per smaltimento senza autorizzazione di rifiuti speciali liquidi".