Territorio
Scorie nucleari, la protesta parte dai movimenti
Bissare la battaglia di Scanzano per salvaguardare il territorio
Matera - lunedì 29 giugno 2015
10.20
"L'Italia non è un paese denuclearizzato". Questa la prima considerazione emersa nel corso dell'incontro organizzato dai comitati lucani e pugliesi per scongiurare la nascita di un deposito nucleare nel territorio dell'Alta Murgia.
Un incontro voluto per programmare le attività di protesta al fine di bloccare i progetti della Sogin. Un programma chiaro che si riassume nella volontà di "bissare" Scanzano e la battaglia del 2003 con cui un'intera popolazione bloccò gli intenti del Governo italiano di far nascere a Scanzano Ionico una centrale nucleare.
"Oggi dobbiamo fare lo stesso - scrivono i comitati promotori della protesta - senza farci incantare dal miliardo e mezzo di investimenti, facendo anche valere i danni economici, ambientali e sulla salute umana, derivanti dall'imposizione di servitù militari su tanta parte dei territori che fanno della Sardegna e della Puglia le regione più penalizzate d'Italia" si legge nella nota.
Una battaglia pacifica e civile condotta documenti alla mano per rivendicare i diritti delle popolazioni del Sud.
E, a proposito di nucleare, dai Comitati arrivano precisazioni utili per ribadire che non bisogna abbassare la guardia.
" Nel 1987 il referendum non proibì la costruzione di nuove centrali sul nostro territorio: rese solo più complicato il loro insediamento e anche se tra il 1990 e il 1991 le 4 centrali atomiche furono spente, e fu ordinato ad ENEL di disattivarle, quell'iter non si è ancora concluso, lasciando vigenti su quei siti le prescrizioni nucleari degli anni '70 e ciò nonostante la schiacciante vittoria degli italiani conseguita con il Referendum del 2011 con l'abrogazione delle norme che prevedevano la costruzione di centrali nucleari, oltre che una revisione della strategia energetica del Paese. Non c'è alcuno smantellamento in atto, ma solo la tenuta in sicurezza di 4 vetuste centrali atomiche e 5 obsoleti laboratori di ricerca nucleari. Impianti costruiti a pochi metri dalle rive dei fiumi dove sono stoccate, in pessime condizioni di sicurezza, 28.000 metri cubi di scorie radioattive e più di 1.000 tonnellate di combustibile nucleare. Il quantitativo totale dei rifiuti radioattivi italiani, è stimato attualmente, in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. Quella inutile avventura è costata finora alle finanze pubbliche ben 25,5 miliardi di Euro. Una missione impossibile, costata finora 1.200 milioni di Euro, interamente versati nelle casse della SOGIN dalle famiglie italiane grazie ad una tassa che grava sulla loro bolletta elettrica, alla voce (fraudolenta e ingannatrice) A2 oneri di sistema".
Di qui il timore che "Regioni come la Sardegna, la Puglia e la Basilicata, pur non avendo mai posseduto centrali, sono tra i più probabili candidati ad ospitare il sito unico di stoccaggio di rifiuti nucleari altamente radioattivi, la cui pericolosità si abbatte nei secoli o nei millenni".
"Allo stato delle cose, - si legge ancora nel verbale stilato a conclusione dell'assemblea - si ipotizza, per il deposito di scorie di I e II categoria, una spesa di un miliardo e mezzo di euro che, sapendo come vanno le cose in Italia, lieviteranno all'infinito. E allora perché non costruirlo presso una delle centrali dismesse (sito già valutato sicuro geologicamente e idoneo tanto che vi costruirono una centrale), ispezionabile e con procedure trasparenti? I costi dovrebbero essere sostenuti da tutti coloro che hanno partecipato a progettare, costruire, sfruttare questa follia nucleare e non scaricando allegramente la loro incapacità e superficialità sui cittadini che pagano la bolletta elettrica".
Ai rischi concreti per la salute, dunque, si aggiungono le spese che i territori dovranno sostenere per la costruzione dell'impianto e a tutto questo si aggiungono le ricedute negative sullo sviluppo e sul turismo se il deposito nucleare dovesse essere realizzato tra la Puglia e la Basilicata.
Di qui l'invito alle associazioni, ai movimenti, ai partiti politici a mobilitarsi sin da subito "Vincemmo negli anni ottanta contro chi voleva imporre le centrali nucleari; vincemmo ancora nel 2003 e nel 2005 con le grandi Marce Gravina-Altamura per scongiurare il pericolo nucleare, le discariche illegali di rifiuti tossici e per istituire il Parco Nazionale. Si può ben vincere oggi contro chi vuole destinare alla Puglia, alla Basilicata o alla Sardegna gli avanzi velenosi di quella inutile e sbagliata avventura".
Un incontro voluto per programmare le attività di protesta al fine di bloccare i progetti della Sogin. Un programma chiaro che si riassume nella volontà di "bissare" Scanzano e la battaglia del 2003 con cui un'intera popolazione bloccò gli intenti del Governo italiano di far nascere a Scanzano Ionico una centrale nucleare.
"Oggi dobbiamo fare lo stesso - scrivono i comitati promotori della protesta - senza farci incantare dal miliardo e mezzo di investimenti, facendo anche valere i danni economici, ambientali e sulla salute umana, derivanti dall'imposizione di servitù militari su tanta parte dei territori che fanno della Sardegna e della Puglia le regione più penalizzate d'Italia" si legge nella nota.
Una battaglia pacifica e civile condotta documenti alla mano per rivendicare i diritti delle popolazioni del Sud.
E, a proposito di nucleare, dai Comitati arrivano precisazioni utili per ribadire che non bisogna abbassare la guardia.
" Nel 1987 il referendum non proibì la costruzione di nuove centrali sul nostro territorio: rese solo più complicato il loro insediamento e anche se tra il 1990 e il 1991 le 4 centrali atomiche furono spente, e fu ordinato ad ENEL di disattivarle, quell'iter non si è ancora concluso, lasciando vigenti su quei siti le prescrizioni nucleari degli anni '70 e ciò nonostante la schiacciante vittoria degli italiani conseguita con il Referendum del 2011 con l'abrogazione delle norme che prevedevano la costruzione di centrali nucleari, oltre che una revisione della strategia energetica del Paese. Non c'è alcuno smantellamento in atto, ma solo la tenuta in sicurezza di 4 vetuste centrali atomiche e 5 obsoleti laboratori di ricerca nucleari. Impianti costruiti a pochi metri dalle rive dei fiumi dove sono stoccate, in pessime condizioni di sicurezza, 28.000 metri cubi di scorie radioattive e più di 1.000 tonnellate di combustibile nucleare. Il quantitativo totale dei rifiuti radioattivi italiani, è stimato attualmente, in forma condizionata, in circa 120-150.000 m3. Quella inutile avventura è costata finora alle finanze pubbliche ben 25,5 miliardi di Euro. Una missione impossibile, costata finora 1.200 milioni di Euro, interamente versati nelle casse della SOGIN dalle famiglie italiane grazie ad una tassa che grava sulla loro bolletta elettrica, alla voce (fraudolenta e ingannatrice) A2 oneri di sistema".
Di qui il timore che "Regioni come la Sardegna, la Puglia e la Basilicata, pur non avendo mai posseduto centrali, sono tra i più probabili candidati ad ospitare il sito unico di stoccaggio di rifiuti nucleari altamente radioattivi, la cui pericolosità si abbatte nei secoli o nei millenni".
"Allo stato delle cose, - si legge ancora nel verbale stilato a conclusione dell'assemblea - si ipotizza, per il deposito di scorie di I e II categoria, una spesa di un miliardo e mezzo di euro che, sapendo come vanno le cose in Italia, lieviteranno all'infinito. E allora perché non costruirlo presso una delle centrali dismesse (sito già valutato sicuro geologicamente e idoneo tanto che vi costruirono una centrale), ispezionabile e con procedure trasparenti? I costi dovrebbero essere sostenuti da tutti coloro che hanno partecipato a progettare, costruire, sfruttare questa follia nucleare e non scaricando allegramente la loro incapacità e superficialità sui cittadini che pagano la bolletta elettrica".
Ai rischi concreti per la salute, dunque, si aggiungono le spese che i territori dovranno sostenere per la costruzione dell'impianto e a tutto questo si aggiungono le ricedute negative sullo sviluppo e sul turismo se il deposito nucleare dovesse essere realizzato tra la Puglia e la Basilicata.
Di qui l'invito alle associazioni, ai movimenti, ai partiti politici a mobilitarsi sin da subito "Vincemmo negli anni ottanta contro chi voleva imporre le centrali nucleari; vincemmo ancora nel 2003 e nel 2005 con le grandi Marce Gravina-Altamura per scongiurare il pericolo nucleare, le discariche illegali di rifiuti tossici e per istituire il Parco Nazionale. Si può ben vincere oggi contro chi vuole destinare alla Puglia, alla Basilicata o alla Sardegna gli avanzi velenosi di quella inutile e sbagliata avventura".