Scuola e Lavoro
Pubblicati i dati del “precariato” gennaio-settembre 2016
Preoccupazioni di Carmine Vaccaro - Segretario Regionale UIL Basilicata
Matera - martedì 22 novembre 2016
11.04 Comunicato Stampa
"I segnali della crisi visti in controluce dai dati dell'Osservatorio Inps sul precariato, gennaio-settembre 2016. Queste informazioni tratteggiano la fine di ogni illusione di ripresa permanente e strutturale dell'economia lucana, dopo il rimbalzo favorevole del 2015, riportato nel recente studio della Svimez.
I nuovi rapporti di lavoro attivati nei primi nove mesi dell'anno, infatti, crollano del 14,4% rispetto al corrispondente periodo del 2015, un calo pari al doppio di quello nazionale (-7,7%) e più grave anche rispetto alla media del Sud (-9,6%). Le cessazioni di rapporti lavorativi, dal canto loro, diminuiscono soltanto del 7,2%, con un saldo fra nuove attivazioni e cessazioni che, pur rimanendo ancora leggermente positivo, sopratutto grazie ai rapporti di lavoro precario peggiora del 41,6% rispetto a quello del corrispondente periodo del 2015. Particolarmente grave è la flessione nella sottoscrizione di nuovi contratti a tempo indeterminato (-36,4%, a fronte di una riduzione del 33,3% nel Sud e del 32,4% su scala nazionale).
Le imprese lucane, a fronte di una prospettiva macroeconomica meno stabile che in altre regioni (specie per la domanda interna, fra 2013 e 2015 la spesa per consumi delle famiglie lucane è cresciuta solo del 2% al netto dell'inflazione) accorciano anche le previsioni produttive e conseguentemente quelle occupazionali. Ciò vale anche per le trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine, che crollano del 27,6%. L'effetto incentivante delle decontribuzioni, ha toccato circa un terzo delle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Un effetto traino non esaltante. Infatti, pur essendo in Basilicata le assunzioni "incentivate" più frequenti rispetto alla media nazionale (ferma sotto il 31% del totale delle nuove assunzioni) è comunque marcato nella regione il calo complessivo delle nuove attivazioni di rapporti a tempo indeterminato. Ciò vale a qualificare la sostanziale inutilità dell'idea del Governo di una nuova stagione delle decontribuzioni al Sud.
E' una questione di buon senso: a fronte di prospettive dell'economia più fragili, non basta, per instaurare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, un periodo di incentivazione contributiva. Peraltro, la situazione economica è così priva di immediate prospettive di mercato per le imprese regionali, che persino le attivazioni di contratti a tempo determinato diminuiscono (-5%) in controtendenza rispetto al dato nazionale (+3,4%). In questo quadro segnatamente instabile, aumenta l'area del ricorso ai voucher (+29%, non molto distante dall'incremento nazionale, che è del 34,6%) che però evidenzia un peggioramento complessivo della qualità del lavoro, essendo tali strumenti diretti verso la fascia di precarietà e di retribuzione più problematica. Senza contare il fatto che, in assenza di qualsiasi tracciatura dei voucher, introdotta solo di recente, tale strumento è spesso usato come forma di emersione di lavoro nero.
Pesa anche, su tale situazione complessiva, la rilevanza che il settore pubblico assume, nella regione, anche in termini di datore di lavoro (basti pensare che la P.A. ed i servizi pubblici generano il 22,5% del valore aggiunto lucano, a fronte di una media nazionale del 17,2%). E qui pesano molto i processi di spending-review e di blocco del turnover nella P.A., che hanno di fatto impedito al settore pubblico di promuovere un ricambio generazionale, anche con modalità non stabili verso il precariato giovanile a medio-alto livello di istruzione, tipico del recente passato. Da questo punto di vista non si può che guardare con preoccupazione agli intenti della Regione di sbarazzarsi di parte del suo bacino storico di lavoro a tempo determinato, ad esempio tramite la privatizzazione dei servizi di assistenza tecnica ai fondi strutturali. E non si può che chiedere nuovamente un tavolo per verificare gli spazi disponibili per operazioni di stabilizzazione, nei limiti della normativa nazionale e degli obblighi comunitari.
Il mercato del lavoro lucano non ha una ripresa consistente con le decontribuzioni, ed il Jobs Act mette in mostra i limiti che anche in sede nazionale le organizzazioni sindacali hanno evidenziato. La qualità e stabilità della forza lavoro regionale degradano verso il basso, con riflessi che saranno inevitabili su diversi aspetti:dalla necessaria ripresa della domanda per consumi, alle politiche per promuovere l'occupazione giovanile (verso cui sono spesso rivolti i voucher) alla crescita di opportunità importanti per l'area professionale e più qualificata del lavoro giovanile che fuoriesce dalla regione, non attrattiva e propositiva di logiche di affermazione ed ascesa personale e collettiva. Ed i riflessi saranno inevitabili anche in termini di tenuta sociale e produttiva.
Da qui l'insistenza che le politiche attive del lavoro che la Regione sta per varare tramite la nuova Agenzia regionale (dall'Osservatorio per il mercato del lavoro al progetto Capitale Lavoro, fino al migliore utilizzo dei fondi FSE per il 2014-2020) siano più ispirate ai numerosi spunti e suggerimenti che, nel corso dei mesi, sono stati prodotti in termini propositivi dal mondo sindacale ed imprenditoriale. Per un più generale processo di nuova concertazione con la proposizione di un nuovo patto per lo sviluppo e l'occupazione. Centrato in modo essenziale su quattro progettualità, rese coerenti e con un modello attuativo assolutamente efficiente ed efficace nei risultati.
Un progetto-cardine sul mercato del lavoro e le politiche socio-sanitarie, un progetto-cardine sulle politiche industriali, dell'innovazione e sullo sviluppo ecosostenibile, un progetto-cardine sull'energia petrolio e sullo sviluppo dell'industria energetica, un progetto cardine sul distretto auto motive".
I nuovi rapporti di lavoro attivati nei primi nove mesi dell'anno, infatti, crollano del 14,4% rispetto al corrispondente periodo del 2015, un calo pari al doppio di quello nazionale (-7,7%) e più grave anche rispetto alla media del Sud (-9,6%). Le cessazioni di rapporti lavorativi, dal canto loro, diminuiscono soltanto del 7,2%, con un saldo fra nuove attivazioni e cessazioni che, pur rimanendo ancora leggermente positivo, sopratutto grazie ai rapporti di lavoro precario peggiora del 41,6% rispetto a quello del corrispondente periodo del 2015. Particolarmente grave è la flessione nella sottoscrizione di nuovi contratti a tempo indeterminato (-36,4%, a fronte di una riduzione del 33,3% nel Sud e del 32,4% su scala nazionale).
Le imprese lucane, a fronte di una prospettiva macroeconomica meno stabile che in altre regioni (specie per la domanda interna, fra 2013 e 2015 la spesa per consumi delle famiglie lucane è cresciuta solo del 2% al netto dell'inflazione) accorciano anche le previsioni produttive e conseguentemente quelle occupazionali. Ciò vale anche per le trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine, che crollano del 27,6%. L'effetto incentivante delle decontribuzioni, ha toccato circa un terzo delle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Un effetto traino non esaltante. Infatti, pur essendo in Basilicata le assunzioni "incentivate" più frequenti rispetto alla media nazionale (ferma sotto il 31% del totale delle nuove assunzioni) è comunque marcato nella regione il calo complessivo delle nuove attivazioni di rapporti a tempo indeterminato. Ciò vale a qualificare la sostanziale inutilità dell'idea del Governo di una nuova stagione delle decontribuzioni al Sud.
E' una questione di buon senso: a fronte di prospettive dell'economia più fragili, non basta, per instaurare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, un periodo di incentivazione contributiva. Peraltro, la situazione economica è così priva di immediate prospettive di mercato per le imprese regionali, che persino le attivazioni di contratti a tempo determinato diminuiscono (-5%) in controtendenza rispetto al dato nazionale (+3,4%). In questo quadro segnatamente instabile, aumenta l'area del ricorso ai voucher (+29%, non molto distante dall'incremento nazionale, che è del 34,6%) che però evidenzia un peggioramento complessivo della qualità del lavoro, essendo tali strumenti diretti verso la fascia di precarietà e di retribuzione più problematica. Senza contare il fatto che, in assenza di qualsiasi tracciatura dei voucher, introdotta solo di recente, tale strumento è spesso usato come forma di emersione di lavoro nero.
Pesa anche, su tale situazione complessiva, la rilevanza che il settore pubblico assume, nella regione, anche in termini di datore di lavoro (basti pensare che la P.A. ed i servizi pubblici generano il 22,5% del valore aggiunto lucano, a fronte di una media nazionale del 17,2%). E qui pesano molto i processi di spending-review e di blocco del turnover nella P.A., che hanno di fatto impedito al settore pubblico di promuovere un ricambio generazionale, anche con modalità non stabili verso il precariato giovanile a medio-alto livello di istruzione, tipico del recente passato. Da questo punto di vista non si può che guardare con preoccupazione agli intenti della Regione di sbarazzarsi di parte del suo bacino storico di lavoro a tempo determinato, ad esempio tramite la privatizzazione dei servizi di assistenza tecnica ai fondi strutturali. E non si può che chiedere nuovamente un tavolo per verificare gli spazi disponibili per operazioni di stabilizzazione, nei limiti della normativa nazionale e degli obblighi comunitari.
Il mercato del lavoro lucano non ha una ripresa consistente con le decontribuzioni, ed il Jobs Act mette in mostra i limiti che anche in sede nazionale le organizzazioni sindacali hanno evidenziato. La qualità e stabilità della forza lavoro regionale degradano verso il basso, con riflessi che saranno inevitabili su diversi aspetti:dalla necessaria ripresa della domanda per consumi, alle politiche per promuovere l'occupazione giovanile (verso cui sono spesso rivolti i voucher) alla crescita di opportunità importanti per l'area professionale e più qualificata del lavoro giovanile che fuoriesce dalla regione, non attrattiva e propositiva di logiche di affermazione ed ascesa personale e collettiva. Ed i riflessi saranno inevitabili anche in termini di tenuta sociale e produttiva.
Da qui l'insistenza che le politiche attive del lavoro che la Regione sta per varare tramite la nuova Agenzia regionale (dall'Osservatorio per il mercato del lavoro al progetto Capitale Lavoro, fino al migliore utilizzo dei fondi FSE per il 2014-2020) siano più ispirate ai numerosi spunti e suggerimenti che, nel corso dei mesi, sono stati prodotti in termini propositivi dal mondo sindacale ed imprenditoriale. Per un più generale processo di nuova concertazione con la proposizione di un nuovo patto per lo sviluppo e l'occupazione. Centrato in modo essenziale su quattro progettualità, rese coerenti e con un modello attuativo assolutamente efficiente ed efficace nei risultati.
Un progetto-cardine sul mercato del lavoro e le politiche socio-sanitarie, un progetto-cardine sulle politiche industriali, dell'innovazione e sullo sviluppo ecosostenibile, un progetto-cardine sull'energia petrolio e sullo sviluppo dell'industria energetica, un progetto cardine sul distretto auto motive".