Cronaca
Crollo in vico Piave, assolti i funzionari del Comune
Dieci anni fa la tragedia costò la vita a due persone
Matera - mercoledì 21 febbraio 2024
20.00
La Corte d'appello di Salerno, con sentenza emessa ieri (20 febbraio), ha assolto nel merito con la formula piena "perché il fatto non sussiste", i dipendenti comunali Delia Maria Tommaselli ed Emanuele Lamacchia Acito, accusati di omicidio colposo in seguito al crollo della palazzina di vico Piave, avvenuto nel gennaio 2014. La tragedia costò la vita a due persone.
Con questa sentenza, i giudici di Salerno hanno anche stabilito che il Comune di Matera, difeso dalla dirigente dell'Avvocatura, Enrica Onorati, "rimane indenne da qualunque statuizione civile" in termini di risarcimento danni.
Il procedimento si era incardinato a Salerno su sentenza della Corte di Cassazione che un anno fa, nel febbraio 2023, aveva cassato la sentenza di appello, rinviando gli atti alla Corte campana. La Suprema Corte aveva vagliato le posizioni dei due imputati, in particolare quella del tecnico Lamacchia Acito, condannato sia in primo che in secondo grado perché i giudici di merito avevano ritenuto che, alla data del sopralluogo effettuato il 23 dicembre 2013, l'evento del crollo fosse già "imminente e prevedibile". La Cassazione aveva, poi, stabilito che: "...la sentenza impugnata ha offerto un percorso motivazionale carente, illogico e non rispettoso...", dei princìpi già costantemente affermati, secondo cui la valutazione sulla prevedibilità dell'evento deve essere compiuta "ex ante", riportandosi al momento in cui la condotta commissiva o omissiva, si è effettivamente verificata; non "ex post", cioè prendendo le mosse dal verificarsi dell'evento per poi andare a ritroso, chiedendosi quale sarebbe stato il comportamento idoneo ad impedirlo.
Pertanto, non si può fondare una condanna sul presupposto che una situazione di imminente pericolo di crollo fosse certamente prevedibile.
L'11 gennaio 2014 il crollo della palazzina causò la morte della trentaduenne Dina Antonella Favale, trovata senza vita sotto le macerie, e del funzionario comunale Nicola Oreste, che morì tre mesi dopo in agonia a causa delle gravissime ferite. Per il crollo in vico Piave il procedimento giudiziario ha portato alla condanna di tre persone, con pene lievi (non definitive).
Con questa sentenza, i giudici di Salerno hanno anche stabilito che il Comune di Matera, difeso dalla dirigente dell'Avvocatura, Enrica Onorati, "rimane indenne da qualunque statuizione civile" in termini di risarcimento danni.
Il procedimento si era incardinato a Salerno su sentenza della Corte di Cassazione che un anno fa, nel febbraio 2023, aveva cassato la sentenza di appello, rinviando gli atti alla Corte campana. La Suprema Corte aveva vagliato le posizioni dei due imputati, in particolare quella del tecnico Lamacchia Acito, condannato sia in primo che in secondo grado perché i giudici di merito avevano ritenuto che, alla data del sopralluogo effettuato il 23 dicembre 2013, l'evento del crollo fosse già "imminente e prevedibile". La Cassazione aveva, poi, stabilito che: "...la sentenza impugnata ha offerto un percorso motivazionale carente, illogico e non rispettoso...", dei princìpi già costantemente affermati, secondo cui la valutazione sulla prevedibilità dell'evento deve essere compiuta "ex ante", riportandosi al momento in cui la condotta commissiva o omissiva, si è effettivamente verificata; non "ex post", cioè prendendo le mosse dal verificarsi dell'evento per poi andare a ritroso, chiedendosi quale sarebbe stato il comportamento idoneo ad impedirlo.
Pertanto, non si può fondare una condanna sul presupposto che una situazione di imminente pericolo di crollo fosse certamente prevedibile.
L'11 gennaio 2014 il crollo della palazzina causò la morte della trentaduenne Dina Antonella Favale, trovata senza vita sotto le macerie, e del funzionario comunale Nicola Oreste, che morì tre mesi dopo in agonia a causa delle gravissime ferite. Per il crollo in vico Piave il procedimento giudiziario ha portato alla condanna di tre persone, con pene lievi (non definitive).