Unibas, vertiginoso calo delle immatricolazioni
Dapoto di Italia Unica: “Si ripropone il tema del diritto allo studio, ma non solo”.
martedì 3 novembre 2015
10.11
Tra il 2011 e il 2015 l'Università degli Studi di Basilicata ha registrato un vertiginoso calo delle immatricolazioni, corrispondente al -12,9%. Lo riporta "Il Sole 24 Ore" in un suo rapporto nazionale sul numero di iscrizioni nelle università italiane, utilizzando dati forniti dal ministero degli interni, che colloca il polo universitario lucano al ventesimo posto. La sensibile flessione non interessa solo il territorio lucano, ma soprattutto l'intero Mezzogiorno che complessivamente si attesta a un -6,8% di immatricolati.
In proposito è intervenuto il dirigente lucano di Italia Unica, Fabio Dapoto, con una valutazione complessiva del crollo verticale: "I primi dati negativi sono determinati da una parte dal fatto che il calo delle immatricolazioni colpisce in modo diretto e quasi esclusivo i figli delle classi meno abbienti, soprattutto se meridionali; dall'altra la fuga dalle università riguarda, quasi esclusivamente, i ragazzi che provengono dagli istituti tecnici e professionali, che quasi sempre appartengono alle classi sociali che più stanno pagando la crisi di questi anni".
Dunque, sono dati allarmanti che concentrano il focus su un tema importante per l'istruzione italiana, il diritto allo studio. Dal 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, l'argomento in questione è stato delegato alle regioni che provvedono ad integrare il fondo ad hoc con risorse e proventi delle tasse regionali. "Famiglie di operai ed impiegati unite nella medesima difficoltà, che non riuscendo più a fare fronte alle molte spese – osserva Dapoto - sono costrette alla rinuncia di iscrivere i propri figli all'università. Siamo tornati indietro di trenta-quarant'anni poiché oggi il tema che si impone con forza è di nuovo quello del diritto allo studio". Ma non solo, "è innegabile la sfiducia per gli sbocchi di lavoro: si investe tempo e denaro per laurearsi per poi trovarsi disoccupati o intenti a svolgere lavori che con gli studi intrapresi nulla hanno a che vedere e, oltretutto, sono mal pagati. Per salvare l'università occorre rivalutare gli studi e per fare ciò occorre puntare sull'alta tecnologia e su competenze di alto livello, che solo all'Università possono essere acquisite".
La soluzione, per il dirigente di Italia Unica, è presto detta: "Italia Unica in vista della scadenza al Senato che dovrà decidere sull'esito della Riforma Renzi Giannini, la cosiddetta 'Buona Scuola' propone un grande patto tra gli italiani, che torni a fare della scuola e dell'università un potente ascensore sociale in una società dinamica, capace di premiare i tanti diversi talenti senza lasciare nessuno indietro, valorizzando, sul serio, queste nostre proposte hanno il coraggio di vedere nella scuola il principale investimento culturale e civile dell'Italia che verrà".
"L'efficienza dei metodi d'insegnamento, l'apprendimento di materie moderne, l'inglese e l'economia sono solo un pezzo della grande trasformazione che serve. La scuola è soprattutto il campo in cui rifondare la civiltà italiana del ventunesimo secolo – conclude Dapoto – e non dobbiamo avere paura di ripensarla con ideali profondi e nobili. Questo significa reimpostare i programmi scolastici non soltanto per formare persone in grado di inserirsi nel mondo del lavoro e di rimanerci o in grado di affrontare gli studi universitari, ma cittadini dotati di senso critico e in grado di valutare ciò che succede intorno a loro sia dal punto di vista economico che sociale".
In proposito è intervenuto il dirigente lucano di Italia Unica, Fabio Dapoto, con una valutazione complessiva del crollo verticale: "I primi dati negativi sono determinati da una parte dal fatto che il calo delle immatricolazioni colpisce in modo diretto e quasi esclusivo i figli delle classi meno abbienti, soprattutto se meridionali; dall'altra la fuga dalle università riguarda, quasi esclusivamente, i ragazzi che provengono dagli istituti tecnici e professionali, che quasi sempre appartengono alle classi sociali che più stanno pagando la crisi di questi anni".
Dunque, sono dati allarmanti che concentrano il focus su un tema importante per l'istruzione italiana, il diritto allo studio. Dal 2001, con la riforma del Titolo V della Costituzione, l'argomento in questione è stato delegato alle regioni che provvedono ad integrare il fondo ad hoc con risorse e proventi delle tasse regionali. "Famiglie di operai ed impiegati unite nella medesima difficoltà, che non riuscendo più a fare fronte alle molte spese – osserva Dapoto - sono costrette alla rinuncia di iscrivere i propri figli all'università. Siamo tornati indietro di trenta-quarant'anni poiché oggi il tema che si impone con forza è di nuovo quello del diritto allo studio". Ma non solo, "è innegabile la sfiducia per gli sbocchi di lavoro: si investe tempo e denaro per laurearsi per poi trovarsi disoccupati o intenti a svolgere lavori che con gli studi intrapresi nulla hanno a che vedere e, oltretutto, sono mal pagati. Per salvare l'università occorre rivalutare gli studi e per fare ciò occorre puntare sull'alta tecnologia e su competenze di alto livello, che solo all'Università possono essere acquisite".
La soluzione, per il dirigente di Italia Unica, è presto detta: "Italia Unica in vista della scadenza al Senato che dovrà decidere sull'esito della Riforma Renzi Giannini, la cosiddetta 'Buona Scuola' propone un grande patto tra gli italiani, che torni a fare della scuola e dell'università un potente ascensore sociale in una società dinamica, capace di premiare i tanti diversi talenti senza lasciare nessuno indietro, valorizzando, sul serio, queste nostre proposte hanno il coraggio di vedere nella scuola il principale investimento culturale e civile dell'Italia che verrà".
"L'efficienza dei metodi d'insegnamento, l'apprendimento di materie moderne, l'inglese e l'economia sono solo un pezzo della grande trasformazione che serve. La scuola è soprattutto il campo in cui rifondare la civiltà italiana del ventunesimo secolo – conclude Dapoto – e non dobbiamo avere paura di ripensarla con ideali profondi e nobili. Questo significa reimpostare i programmi scolastici non soltanto per formare persone in grado di inserirsi nel mondo del lavoro e di rimanerci o in grado di affrontare gli studi universitari, ma cittadini dotati di senso critico e in grado di valutare ciò che succede intorno a loro sia dal punto di vista economico che sociale".