Scuole: ricorso al Tar di un comitato di genitori
Contro l'ordinanza di chiusura del presidente Bardi
sabato 21 novembre 2020
Un cospicuo gruppo di genitori, in buona parte di Matera e della provincia, ha formalmente inviato ricorso al Tribunale Amministrativo della Basilicata per opporsi alla decisione della Regione Basilicata con cui si chiudono tutte le scuole (ordinanza n 44 del 15/11/2020 Regione Basilicata). Per i ricorrenti, ciò è in contrasto con la normativa nazionale (DPCM 3 Novembre 2020) che prevede la continuità delle lezioni in presenza per gli alunni della scuola primaria e fino al primo anno della scuola secondaria di primo grado anche nelle zone rosse.
L'azione nasce dalla volontà di ribadire che il diritto all'istruzione è cosa seria e non può essere gestito come una "misura ", tanto meno può essere strumentalizzato da chiunque, in primis da chi dirige le istituzioni .
Secondo il comitato, "ad oggi i dati di diffusione del contagio da covid 19 nelle scuole sono in linea con il dato generico nazionale e non si ravvede il motivo di trattare gli studenti come caso speciale. Diversamente sarebbe stato utile intervenire sui mezzi di trasporto , sulla mobilità urbana , sulle dotazioni scolastiche, sulla ricerca di spazi alternativi e sulla formazione del personale e, ad oggi, non si conosce l'entità di questi interventi che avrebbero sopperito a numerose carenze istituzionali e politiche".
Con l'ordinanza, secondo il comitato, "il diritto all'istruzione non è garantito per tutti gli studenti e non tiene conto di una serie di difficoltà che riversano inevitabilmente sulle famiglie e di riflesso sui nostri ragazzi. Il digital divide, ovvero il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale esclude molte famiglie dalla possibilità di avere un'istruzione continua e costante. Problema mai risolto e comune, non solo alle province, ma anche in alcune zone della stessa città di Matera.
Molti genitori inoltre non possono accedere né al congedo parentale, né tantomeno a misure di aiuti che potrebbero permettergli di seguire i proprio figli a casa. Questo problema nel migliore dei casi viene risolto con la presenza dei nonni, che dovrebbero proprio essere la generazione da proteggere e, nel peggiore dei casi, con l'abbandono dei minori lasciati soli a casa. La didattica a distanza, nonostante l'enorme impegno degli insegnanti e delle famiglie, accentua il divario tra famiglie benestanti e famiglie più povere. Tante famiglie di stranieri ed extracomunitari si ritrovano ad affrontare un enorme problema linguistico che non gli permette di poter seguire o accedere alle piattaforme di studio a distanza, soprattutto se si tratta di bimbi piccoli e non autonomi nello studio".
I ricorrenti non intendono minimizzare i rischi legati alla salute della pandemia in corso, ma prendono atto sia dei numeri reali di contagio nelle scuole e sia del fatto che negli istituti scolastici viene comunque garantito un tracciamento e un controllo di eventuali contagi, attuando ove necessario misure di quarantena obbligatoria o preventiva. Per i ricorrenti il provvedimento è illegittimo per il "contrasto con il DPCM 3 Novembre 2020 e per ribadire che il diritto all'istruzione non può essere considerato di livello inferiore al diritto alla salute".
L'azione nasce dalla volontà di ribadire che il diritto all'istruzione è cosa seria e non può essere gestito come una "misura ", tanto meno può essere strumentalizzato da chiunque, in primis da chi dirige le istituzioni .
Secondo il comitato, "ad oggi i dati di diffusione del contagio da covid 19 nelle scuole sono in linea con il dato generico nazionale e non si ravvede il motivo di trattare gli studenti come caso speciale. Diversamente sarebbe stato utile intervenire sui mezzi di trasporto , sulla mobilità urbana , sulle dotazioni scolastiche, sulla ricerca di spazi alternativi e sulla formazione del personale e, ad oggi, non si conosce l'entità di questi interventi che avrebbero sopperito a numerose carenze istituzionali e politiche".
Con l'ordinanza, secondo il comitato, "il diritto all'istruzione non è garantito per tutti gli studenti e non tiene conto di una serie di difficoltà che riversano inevitabilmente sulle famiglie e di riflesso sui nostri ragazzi. Il digital divide, ovvero il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione e chi ne è escluso, in modo parziale o totale esclude molte famiglie dalla possibilità di avere un'istruzione continua e costante. Problema mai risolto e comune, non solo alle province, ma anche in alcune zone della stessa città di Matera.
Molti genitori inoltre non possono accedere né al congedo parentale, né tantomeno a misure di aiuti che potrebbero permettergli di seguire i proprio figli a casa. Questo problema nel migliore dei casi viene risolto con la presenza dei nonni, che dovrebbero proprio essere la generazione da proteggere e, nel peggiore dei casi, con l'abbandono dei minori lasciati soli a casa. La didattica a distanza, nonostante l'enorme impegno degli insegnanti e delle famiglie, accentua il divario tra famiglie benestanti e famiglie più povere. Tante famiglie di stranieri ed extracomunitari si ritrovano ad affrontare un enorme problema linguistico che non gli permette di poter seguire o accedere alle piattaforme di studio a distanza, soprattutto se si tratta di bimbi piccoli e non autonomi nello studio".
I ricorrenti non intendono minimizzare i rischi legati alla salute della pandemia in corso, ma prendono atto sia dei numeri reali di contagio nelle scuole e sia del fatto che negli istituti scolastici viene comunque garantito un tracciamento e un controllo di eventuali contagi, attuando ove necessario misure di quarantena obbligatoria o preventiva. Per i ricorrenti il provvedimento è illegittimo per il "contrasto con il DPCM 3 Novembre 2020 e per ribadire che il diritto all'istruzione non può essere considerato di livello inferiore al diritto alla salute".