Scorie nucleari, i primi no arrivano dai territori
Attesa per la lista segreta dei sessanta siti
giovedì 29 marzo 2018
Entro questa settimana potrebbe essere diffusa la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari.
Queste almeno le anticipazioni di alcuni giorni fa arrivate per bocca del ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda.
La vicenda ha riacceso le preoccupazioni di molti cittadini e partiti politici che sono contrari alla realizzazione del deposito nucleare concepito per ospitare i rifiuti radiativi italiani, al momento conservati in Francia e Inghilterra, e tutti gli altri rifiuti che saranno prodotti nei prossimi 50 anni.
Tra i primi ad alzare la voce e a dire no al deposito è il gruppo di Sinistra Italiana attraverso le parole di Salvatore Lospalluto, segretario dell'Area Metropolitana Terra di Bari: "Certamente – dichiara Lospalluto - è incomprensibile come un Governo che nei fatti abbia finito il proprio mandato, possa prendere decisioni così importanti e fondamentali per i cittadini, come è incomprensibile che tali decisioni siano ancora una volta prese senza consultare i territori interessati. Ancora una volta qualcuno a Roma pensa che i cittadini siano sudditi. Noi di Sinistra Italiana/ Liberi e Uguali della Provincia di Bari pensiamo che i territori siano la vera ricchezza del nostro Paese e tali decisioni non possano non essere condivise con i cittadini. Nel mentre ribadiamo la nostra contrarietà al metodo e nel merito, siamo pronti ad essere al fianco di tutti i territori che decideranno di scendere in piazza per dire il proprio no al deposito di scorie nucleari".
Parole che trovano giustificazione nelle notizie trapelate già nel 2015 anno in cui l'Ispra avrebbe dovuto consegnare la Cnapi. Già allora, infatti, si era parlato di una sessantina di luoghi idonei ad ospitare il deposito.
"Luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza rischi di frane o di alluvioni. Una spolverata di decine di piccole aree dal Piemonte alla Calabria, soprattutto sulle colline del versante adriatico dell'Appennino, e due aree più estese, una fra Toscana e Lazio e l'altra fra Puglia e Basilicata".
La mappa predisposta nel 2015 e tenuta segreta sino ad ora in realtà ha subito modifiche e rimaneggiamenti dopo i recenti terremoti di Amatrice e Norcia.
Ora tanto il Ministero dello sviluppo economico quanto l'Ispra si dicono pronti a rendere pubblica la mappa che individua i potenziali siti dove oltre ai rifiuti nucleari arriveranno milioni di euro di finanziamenti che promettono anche migliaia di posti di lavoro per diversi anni. Con una lunga nota, il ministero dello Sviluppo economico spiega che il deposito nazionale dove saranno conferiti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia "è una struttura necessaria per il Paese dal momento che, una volta realizzata, consentirà di gestire in modo più sicuro, razionale e controllato i rifiuti radioattivi in Italia".
"Il ritardo nell'avvio dell'iter – si legga ancora sul sito del Ministero - rallenta la razionalizzazione della gestione dei rifiuti radioattivi, aumenta il costo per il sistema (a carico delle bollette elettriche, per la parte connesse alle ex centrali nucleari), ritarda la liberazione delle aree attualmente sedi di depositi temporanei". Per questo "il Governo uscente intende completare, nei limiti temporali del mandato, le fasi che è possibile concludere, evitando stalli e ulteriori ritardi".
La settimana decisiva, come detto, dovrebbe essere quella in corso salvo nuovi ulteriori stop dettati dal Governo uscente viste le fibrillazioni tra i partiti per la composizione del nuovo Governo.
In terra lucana, tuttavia, c'è già che alza la voce.
"La scelta del Deposito nazionale deve escludere la Basilicata per via dell'alto livello di pressione alla quale è già sottoposta" fa sapere l'assessore regionale all'Ambiente, Francesco Pietrantuono, secondo il quale la pressione subita dalla sua regione evidentemente è maggiore rispetto a quella delle altre zone del Paese.
Nel 2003 la Basilicata insorse contro il progetto di scavare in una zona geologicamente sicura un deposito sotterraneo nell'area di Scanzano Ionico.
"Pertanto, sia sul piano tecnico che politico, confermo il no, senza alcun tentennamento da parte del governo regionale, al deposito unico di scorie nucleari in Basilicata. Non solo il grande no corale di Scanzano, ma anche le osservazioni alla Valutazione ambientale strategica (Vas) al Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Abbiamo lavorato l'intero mese di agosto dello scorso anno, con ripetuti incontri, con l'Anci, i sindaci lucani, tutti gli ordini professionali, le associazioni e le proloco, a motivare nel merito le correzioni da fare al programma che portavano con se un motivato no al deposito unico. Abbiamo sostenuto, nelle osservazioni, che la Vas sul Programma nazionale si portava dietro anche la guida tecnica numero 29 dell'Ispra, che prevedeva i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Abbiamo asserito, inoltre, che già in base ad alcuni dei criteri escludenti previsti, la Basilicata non può ospitare un Deposito nazionale. Abbiamo fatto notare, sempre nelle osservazioni alla Vas, che altri criteri considerati nella guida tecnica come di approfondimento vanno considerati come di esclusione".
Parole che non hanno bisogno di grandi interpretazioni del resto la Basilicata ha già vinto una volta la sua battaglia. Sul versante pugliese, invece, tutto tace.
Queste almeno le anticipazioni di alcuni giorni fa arrivate per bocca del ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda.
La vicenda ha riacceso le preoccupazioni di molti cittadini e partiti politici che sono contrari alla realizzazione del deposito nucleare concepito per ospitare i rifiuti radiativi italiani, al momento conservati in Francia e Inghilterra, e tutti gli altri rifiuti che saranno prodotti nei prossimi 50 anni.
Tra i primi ad alzare la voce e a dire no al deposito è il gruppo di Sinistra Italiana attraverso le parole di Salvatore Lospalluto, segretario dell'Area Metropolitana Terra di Bari: "Certamente – dichiara Lospalluto - è incomprensibile come un Governo che nei fatti abbia finito il proprio mandato, possa prendere decisioni così importanti e fondamentali per i cittadini, come è incomprensibile che tali decisioni siano ancora una volta prese senza consultare i territori interessati. Ancora una volta qualcuno a Roma pensa che i cittadini siano sudditi. Noi di Sinistra Italiana/ Liberi e Uguali della Provincia di Bari pensiamo che i territori siano la vera ricchezza del nostro Paese e tali decisioni non possano non essere condivise con i cittadini. Nel mentre ribadiamo la nostra contrarietà al metodo e nel merito, siamo pronti ad essere al fianco di tutti i territori che decideranno di scendere in piazza per dire il proprio no al deposito di scorie nucleari".
Parole che trovano giustificazione nelle notizie trapelate già nel 2015 anno in cui l'Ispra avrebbe dovuto consegnare la Cnapi. Già allora, infatti, si era parlato di una sessantina di luoghi idonei ad ospitare il deposito.
"Luoghi poco abitati, con una sismicità modesta, senza rischi di frane o di alluvioni. Una spolverata di decine di piccole aree dal Piemonte alla Calabria, soprattutto sulle colline del versante adriatico dell'Appennino, e due aree più estese, una fra Toscana e Lazio e l'altra fra Puglia e Basilicata".
La mappa predisposta nel 2015 e tenuta segreta sino ad ora in realtà ha subito modifiche e rimaneggiamenti dopo i recenti terremoti di Amatrice e Norcia.
Ora tanto il Ministero dello sviluppo economico quanto l'Ispra si dicono pronti a rendere pubblica la mappa che individua i potenziali siti dove oltre ai rifiuti nucleari arriveranno milioni di euro di finanziamenti che promettono anche migliaia di posti di lavoro per diversi anni. Con una lunga nota, il ministero dello Sviluppo economico spiega che il deposito nazionale dove saranno conferiti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia "è una struttura necessaria per il Paese dal momento che, una volta realizzata, consentirà di gestire in modo più sicuro, razionale e controllato i rifiuti radioattivi in Italia".
"Il ritardo nell'avvio dell'iter – si legga ancora sul sito del Ministero - rallenta la razionalizzazione della gestione dei rifiuti radioattivi, aumenta il costo per il sistema (a carico delle bollette elettriche, per la parte connesse alle ex centrali nucleari), ritarda la liberazione delle aree attualmente sedi di depositi temporanei". Per questo "il Governo uscente intende completare, nei limiti temporali del mandato, le fasi che è possibile concludere, evitando stalli e ulteriori ritardi".
La settimana decisiva, come detto, dovrebbe essere quella in corso salvo nuovi ulteriori stop dettati dal Governo uscente viste le fibrillazioni tra i partiti per la composizione del nuovo Governo.
In terra lucana, tuttavia, c'è già che alza la voce.
"La scelta del Deposito nazionale deve escludere la Basilicata per via dell'alto livello di pressione alla quale è già sottoposta" fa sapere l'assessore regionale all'Ambiente, Francesco Pietrantuono, secondo il quale la pressione subita dalla sua regione evidentemente è maggiore rispetto a quella delle altre zone del Paese.
Nel 2003 la Basilicata insorse contro il progetto di scavare in una zona geologicamente sicura un deposito sotterraneo nell'area di Scanzano Ionico.
"Pertanto, sia sul piano tecnico che politico, confermo il no, senza alcun tentennamento da parte del governo regionale, al deposito unico di scorie nucleari in Basilicata. Non solo il grande no corale di Scanzano, ma anche le osservazioni alla Valutazione ambientale strategica (Vas) al Programma Nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Abbiamo lavorato l'intero mese di agosto dello scorso anno, con ripetuti incontri, con l'Anci, i sindaci lucani, tutti gli ordini professionali, le associazioni e le proloco, a motivare nel merito le correzioni da fare al programma che portavano con se un motivato no al deposito unico. Abbiamo sostenuto, nelle osservazioni, che la Vas sul Programma nazionale si portava dietro anche la guida tecnica numero 29 dell'Ispra, che prevedeva i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività. Abbiamo asserito, inoltre, che già in base ad alcuni dei criteri escludenti previsti, la Basilicata non può ospitare un Deposito nazionale. Abbiamo fatto notare, sempre nelle osservazioni alla Vas, che altri criteri considerati nella guida tecnica come di approfondimento vanno considerati come di esclusione".
Parole che non hanno bisogno di grandi interpretazioni del resto la Basilicata ha già vinto una volta la sua battaglia. Sul versante pugliese, invece, tutto tace.