Scampato pericolo per la produzione di Castagne nell’annata in corso
Finalmente dati positivi e viatico di turismo in Regione
sabato 4 novembre 2017
La preoccupazione che, causa l'andamento climatico notevolmente siccitoso, il 2017 fosse da annoverare fra gli "anni orribili" della castanicoltura, si è fortunatamente ridimensionata e le castagne, pur se a macchia di leopardo nelle diverse aree della regione tradizionalmente produttrici, raggiungono quantità e qualità più che soddisfacenti. E' il commento della Cia Basilicata che sottolinea come le sagre dei giorni scorsi dedicate alla castagna e quelle in programma per il fine settimana rinnovano la passione dei cittadini, in buona parte provenienti dalle regioni limitrofe, per il prodotto "simbolo" della stagione autunnale e attrattore di turismo eno-gastronomico.
Le condizioni climatiche è vero – si sottolinea nella nota - hanno creato stress anche ai castagneti, soprattutto nelle zone più asciutte, con sofferenza della vegetazione e ricci di minori dimensioni. Ma, soprattutto per i castanicoltori lucani-meridionali, dopo anni di resa bassissima (sotto le 25mila tonnellate), quest'anno la raccolta dovrebbe complessivamente migliorare.
"Dopo l'infestazione del cinipide abbiamo una castanicoltura più debole, vulnerabile, dove non si ha più né certezza né stabilità della produzione — osservano i produttori del Melfese associati alla Cia - Prevediamo una situazione meno critica, e dobbiamo anche fare i conti con la forte pressione del prodotto estero, con ingresso notevole di castagne provenienti da Spagna, Portogallo, Turchia, Albania. Solo nell'ultimo triennio le importazioni sono aumentate del 74% e nel 2015 ha più che doppiato l'export italiano".
La Cia di Melfi-Vulture rinnova le sue "storiche" proposte: istituire una banca dati di castanicoltori; aprire un tavolo di confronto tra produttori, associazioni di categoria e di prodotto per trovare forme di sostegno ed arginare il mancato guadagno a causa della perdita di produzione che si protrae già da più di un quinquennio; prevedere nel nuovo PSR forme di aiuto finalizzate alla manutenzione dei castagneti anche per non aggravare danni ambientali e paesaggistici; individuare forme organizzative per l'utilizzo degli scarti come fonti energetiche attraverso enti come Sviluppo Basilicata con progetti sperimentali di biomasse da sottobosco; rinnovare l'ordinanza di divieto di accesso nell'area del Vulture ai non proprietari di castagneti per l'intero periodo di raccolta per stoppare forme di abusivismo.
Per i castanicoltori è necessario stabilire maggiori rapporti sinergici tra produttori, operatori commerciali, enti ed istituzioni, ricercatori per consentire ai turisti, ai consumatori, l'immediata percezione della castagna quale elemento identificativo del territorio. Occorre disegnare un percorso di valorizzazione della nostra castanicoltura che consideri non solo l'aspetto economico (pur fondamentale) ma sappia trasmettere anche una sua visione multifunzionale, sappia far pensare alla bellezza dei boschi di castagno, sia in grado di far comprendere il suo profilo e la sua funzione ambientale e sociale. Per ottenere questo risultato, ovviamente, vanno organizzati stretti legami di reciprocità tra le varie componenti a cominciare dagli agricoltori che vanno sempre più orientati verso pratiche colturali coerenti con l'importanza della produzione.
Tutti – aggiungono - constatiamo l'invecchiamento delle piante nei boschi di castagno causa, da una parte, del progressivo peggioramento delle condizioni ambientali legato ai mutamenti climatici sotto gli occhi di tutti ma, dall'altra, anche all'impoverimento del terreno essendo venuti a mancare il contributo degli animali al pascolo e le relative concimazioni. In condizioni naturali la pianta si trovava in un buon stato vegetativo ed il castagno risultava, così, in grado di svolgere al meglio le sue funzioni vitali. Le condizioni attuali sono completamente diverse, i castagni conoscono sempre di più la senescenza e gli attacchi di patogeni. La potatura, allora, diventa una pratica colturale fondamentale, finisce con il costituire uno dei fattori principali della castanicoltura, una volta dimostrato scientificamente, che la capacità di produzione di frutti cresce con l'aumentare, nell'anno, del numero di rami di adeguato vigore ed in buone condizioni di illuminazione.
Le condizioni climatiche è vero – si sottolinea nella nota - hanno creato stress anche ai castagneti, soprattutto nelle zone più asciutte, con sofferenza della vegetazione e ricci di minori dimensioni. Ma, soprattutto per i castanicoltori lucani-meridionali, dopo anni di resa bassissima (sotto le 25mila tonnellate), quest'anno la raccolta dovrebbe complessivamente migliorare.
"Dopo l'infestazione del cinipide abbiamo una castanicoltura più debole, vulnerabile, dove non si ha più né certezza né stabilità della produzione — osservano i produttori del Melfese associati alla Cia - Prevediamo una situazione meno critica, e dobbiamo anche fare i conti con la forte pressione del prodotto estero, con ingresso notevole di castagne provenienti da Spagna, Portogallo, Turchia, Albania. Solo nell'ultimo triennio le importazioni sono aumentate del 74% e nel 2015 ha più che doppiato l'export italiano".
La Cia di Melfi-Vulture rinnova le sue "storiche" proposte: istituire una banca dati di castanicoltori; aprire un tavolo di confronto tra produttori, associazioni di categoria e di prodotto per trovare forme di sostegno ed arginare il mancato guadagno a causa della perdita di produzione che si protrae già da più di un quinquennio; prevedere nel nuovo PSR forme di aiuto finalizzate alla manutenzione dei castagneti anche per non aggravare danni ambientali e paesaggistici; individuare forme organizzative per l'utilizzo degli scarti come fonti energetiche attraverso enti come Sviluppo Basilicata con progetti sperimentali di biomasse da sottobosco; rinnovare l'ordinanza di divieto di accesso nell'area del Vulture ai non proprietari di castagneti per l'intero periodo di raccolta per stoppare forme di abusivismo.
Per i castanicoltori è necessario stabilire maggiori rapporti sinergici tra produttori, operatori commerciali, enti ed istituzioni, ricercatori per consentire ai turisti, ai consumatori, l'immediata percezione della castagna quale elemento identificativo del territorio. Occorre disegnare un percorso di valorizzazione della nostra castanicoltura che consideri non solo l'aspetto economico (pur fondamentale) ma sappia trasmettere anche una sua visione multifunzionale, sappia far pensare alla bellezza dei boschi di castagno, sia in grado di far comprendere il suo profilo e la sua funzione ambientale e sociale. Per ottenere questo risultato, ovviamente, vanno organizzati stretti legami di reciprocità tra le varie componenti a cominciare dagli agricoltori che vanno sempre più orientati verso pratiche colturali coerenti con l'importanza della produzione.
Tutti – aggiungono - constatiamo l'invecchiamento delle piante nei boschi di castagno causa, da una parte, del progressivo peggioramento delle condizioni ambientali legato ai mutamenti climatici sotto gli occhi di tutti ma, dall'altra, anche all'impoverimento del terreno essendo venuti a mancare il contributo degli animali al pascolo e le relative concimazioni. In condizioni naturali la pianta si trovava in un buon stato vegetativo ed il castagno risultava, così, in grado di svolgere al meglio le sue funzioni vitali. Le condizioni attuali sono completamente diverse, i castagni conoscono sempre di più la senescenza e gli attacchi di patogeni. La potatura, allora, diventa una pratica colturale fondamentale, finisce con il costituire uno dei fattori principali della castanicoltura, una volta dimostrato scientificamente, che la capacità di produzione di frutti cresce con l'aumentare, nell'anno, del numero di rami di adeguato vigore ed in buone condizioni di illuminazione.