“Salviamo l’acqua dalle trivelle”
La protesta Ola supportata da indagini sull’inquinamento
martedì 24 marzo 2015
8.56
La Giornata mondiale dell'acqua, domenica 22 marzo, è stata caratterizzata da diverse iniziative a livello regionale per promuovere l'acqua come bene comune e contro qualsiasi forma di spreco, in quanto l'umanità rischia di perdere il 40% delle riserve idriche entro il 2030. Ecco che allora diverse associazioni ambientaliste lucane, come l'Organizzazione lucana ambientalista (Ola), cercano di dare una spiegazione.
Secondo Ola, "nel territorio lucano l'acqua è a rischio a causa delle trivellazioni petrolifere (circa il 78% del territorio è sotto istanze e concessioni petrolifere), per la depurazione civile e industriale da migliorare , per la chimica diffusa in agricoltura, per i piani di tutela delle acque e normative più severe in tema d'inquinamento che occorrerebbero". E prosegue: "Il tesoro lucano va salvaguardato con i parchi dell'acqua e il ministero dello sviluppo economico deve riconoscere la Basilicata come riserva strategica nazionale di acqua e non di petrolio".
Le indagini sull'inquinamento delle falde acquifere in territorio lucano, nel corso degli anni, confermano le preoccupazioni dell'Ola. Analisi scientifiche, condotte dalla professoressa Albina Colella insieme al Tenente Giuseppe Di Bello e persino dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Basilicata nel 2013, hanno dimostrato la presenza di rifiuti petroliferi.
In particolare, Albina Colella, professoressa dell'Università degli Studi di Basilicata, ha effettuato delle indagini prima nel lago del Pertusillo nel 2012, e poi nei pressi di Montemurro nel 2014.
In riferimento alle prime indagini, la professoressa ha documentato la presenza di "batteri fecali, metalli pesanti, idrocarburi e alifatici clorurati cancerogeni in concentrazioni superiori ai limiti di legge, e di depuratori non funzionanti che immettono nel lago resti fecali". Analisi di campionamenti confermate anche dall'Arbab nel 2013, quando l'agenzia metteva in guardia dal fenomeno dell'eutrofizzazione, "ossia una sovrabbondanza di nitrati e fosfati"; e proseguiva con "l'eccesso di nutrienti, a causa degli scarichi abusivi e del cattivo funzionamento del depuratore, per gli idrocarburi si pensa subito ai vicini siti petroliferi".
Mentre per quanto riguarda la seconda analisi che coinvolge Montemurro , si tratta di "acque sotterranee inquinate che fuoriescono da una piccola falda poco a est del pozzo petrolifero di reiniezione Costa Molina 2". In sintesi, "tali acque, di colore grigio-scuro e con odore sgradevole, sono ricche di idrocarburi (540 microgrammi/litro), di metalli come il bario (usato anche nelle trivellazioni petrolifere), di boro, ferro, alluminio, ecc., e di sodio, magnesio, cloruri, solfati".
Secondo Ola, "nel territorio lucano l'acqua è a rischio a causa delle trivellazioni petrolifere (circa il 78% del territorio è sotto istanze e concessioni petrolifere), per la depurazione civile e industriale da migliorare , per la chimica diffusa in agricoltura, per i piani di tutela delle acque e normative più severe in tema d'inquinamento che occorrerebbero". E prosegue: "Il tesoro lucano va salvaguardato con i parchi dell'acqua e il ministero dello sviluppo economico deve riconoscere la Basilicata come riserva strategica nazionale di acqua e non di petrolio".
Le indagini sull'inquinamento delle falde acquifere in territorio lucano, nel corso degli anni, confermano le preoccupazioni dell'Ola. Analisi scientifiche, condotte dalla professoressa Albina Colella insieme al Tenente Giuseppe Di Bello e persino dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Basilicata nel 2013, hanno dimostrato la presenza di rifiuti petroliferi.
In particolare, Albina Colella, professoressa dell'Università degli Studi di Basilicata, ha effettuato delle indagini prima nel lago del Pertusillo nel 2012, e poi nei pressi di Montemurro nel 2014.
In riferimento alle prime indagini, la professoressa ha documentato la presenza di "batteri fecali, metalli pesanti, idrocarburi e alifatici clorurati cancerogeni in concentrazioni superiori ai limiti di legge, e di depuratori non funzionanti che immettono nel lago resti fecali". Analisi di campionamenti confermate anche dall'Arbab nel 2013, quando l'agenzia metteva in guardia dal fenomeno dell'eutrofizzazione, "ossia una sovrabbondanza di nitrati e fosfati"; e proseguiva con "l'eccesso di nutrienti, a causa degli scarichi abusivi e del cattivo funzionamento del depuratore, per gli idrocarburi si pensa subito ai vicini siti petroliferi".
Mentre per quanto riguarda la seconda analisi che coinvolge Montemurro , si tratta di "acque sotterranee inquinate che fuoriescono da una piccola falda poco a est del pozzo petrolifero di reiniezione Costa Molina 2". In sintesi, "tali acque, di colore grigio-scuro e con odore sgradevole, sono ricche di idrocarburi (540 microgrammi/litro), di metalli come il bario (usato anche nelle trivellazioni petrolifere), di boro, ferro, alluminio, ecc., e di sodio, magnesio, cloruri, solfati".