Presentato a Roma il rapporto SVIMEZ 2017
In Basilicata cresce il Pil ma la povertà rimane invariata
lunedì 31 luglio 2017
16.28
Il rapporto SVIMEZ 2017, presentato qualche giorno fa a Roma, segna il divario tra il nord ed il sud del paese e colloca la Basilicata tra le regioni in maggiori difficoltà, soprattutto per la questione legata alla "povertà". Vero è che l'avvento di Matera Capitale Europea della Cultura ha portato in dote investimenti e nuove microeconomie, ma la Regione soffre di atavici problemi emersi anche in questo ultimo rapporto. L'economia lucana è trainata da poche grandi aziende mentre continua la sofferenza delle piccole e medie imprese che producono prevalentemente per il mercato interno.
Il rapporto evidenzia come in Basilicata cresce il Pil, ma la povertà rimane invariata. A fronte di un aumento del prodotto interno lordo, la povertà resti pressoché invariata. La ricerca, in particolare, ha ripreso i dati Istat del 2015, secondo i quali in Basilicata su 100 individui, 41 sono a rischio di povertà o esclusione sociale: si tratta di una platea di circa 240mila persone, delle quali più di 33mila minori. Sono a rischio povertà 28 individui su 100, mentre 14 si trovano in condizione di grave deprivazione materiale (più di 80 mila, di cui 4.100 minori) e sempre 14 in una situazione di bassa intensità lavorativa. Nella nostra regione 1 famiglia su 4 vive al di sotto della soglia di povertà (con meno di 1.061 euro al mese, cifra stabilita dall'Istat per una famiglia di 2 persone). Inoltre, l'8,4 per cento delle persone vive in situazioni di sovraffollamento abitativo o in abitazioni prive di alcuni servizi e con problematiche strutturali.
Al Sud la povertà resta sui livelli più alti di sempre e il livello di disuguaglianza interno all'area deprime la ripresa dei consumi. Le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento della capacità del welfare pubblico di controbilanciare le crescenti disuguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud (si pensi alla minore diffusione del Terzo settore o, ad esempio, al ruolo irrisorio, rispetto al resto del Paese, che vi giocano le fondazioni di matrice bancaria nel finanziamento di iniziative sociali). La natura, la gravità e la persistenza della situazione sociale inducono a ritenere che solo un consistente e permanente aumento di capitale produttivo sia la risposta necessaria da dare per il superamento della condizione di difficoltà economica e sociale in cui ancora versa il Mezzogiorno e per assicurare ai cittadini un accettabile livello di reddito e di prestazioni sociali. Al tempo stesso, misure universalistiche di contrasto alla povertà, che abbiano una spiccata natura congiunturale anticiclica, sono altrettanto necessarie: il Rei (Reddito di inclusione) costituisce un primo passo in questa direzione, tuttavia insufficiente a coprire l'intera platea dei possibili beneficiari".
Ma torniamo ai dati presentati. In base alle previsioni della Svimez, quest'anno il Pil dovrebbe aumentare dell'1,1% al Sud e dell'1,4 % nel Centro-Nord. Nel 2018 la Svimez prevede un aumento del prodotto dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell'1,2% al Centro Nord. Il principale driver della crescita meridionale nel 2017 dovrebbe nuovamente essere la domanda interna: i consumi totali crescerebbero dell'1,2% (quelli delle famiglie dell'1,4%) e gli investimenti al Sud del +2%. Si prevede anche una crescita per l'occupazione. (+0,6%)
L'occupazione è ripartita, con ritmi anche superiori al resto del Paese, ma mentre il Centro-Nord ha già superato i livelli pre crisi, il Mezzogiorno, che pure torna sopra la soglia simbolica dei 6 milioni di occupati, resta di circa 380mila sotto il livello del 2008, con un tasso di occupazione che è il peggiore d'Europa (di quasi 35 punti percentuali inferiore alla media Ue a 28)". Nella media del 2016, gli occupati aumentano al Sud di 101mila unità, pari al +1,7%, mentre al Centro-Nord si registra una crescita di 192mila unità, pari al +1,2%. "L'aumento dei dipendenti a tempo indeterminato è in termini relativi più accentuato nelle regioni del Mezzogiorno, segno che il Sud ha beneficiato del prolungamento della decontribuzione sulle assunzioni a tutele crescenti, ridotta sensibilmente nel resto del Paese.
Gli andamenti dell'ultimo biennio, in cui a crescere sono soprattutto gli occupati anziani e il lavoro a tempo parziale, non riescono tuttavia a invertire la preoccupante ridefinizione della struttura e della qualità dell'occupazione che si è determinata con la crisi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale. Il biennio di ripresa occupazionale non ha sostanzialmente inciso su questo quadro: nella media del 2016 a livello nazionale si registrano ancora oltre 1 milione e 900 mila giovani occupati in meno rispetto al 2008". Per quel che riguarda i settori, nel 2016, aumenta l'occupazione nell'industria (+2,4%), mentre diminuisce nelle costruzioni (-3,9%). Significativo incremento nel turismo (+2,6%).
Il rapporto evidenzia come in Basilicata cresce il Pil, ma la povertà rimane invariata. A fronte di un aumento del prodotto interno lordo, la povertà resti pressoché invariata. La ricerca, in particolare, ha ripreso i dati Istat del 2015, secondo i quali in Basilicata su 100 individui, 41 sono a rischio di povertà o esclusione sociale: si tratta di una platea di circa 240mila persone, delle quali più di 33mila minori. Sono a rischio povertà 28 individui su 100, mentre 14 si trovano in condizione di grave deprivazione materiale (più di 80 mila, di cui 4.100 minori) e sempre 14 in una situazione di bassa intensità lavorativa. Nella nostra regione 1 famiglia su 4 vive al di sotto della soglia di povertà (con meno di 1.061 euro al mese, cifra stabilita dall'Istat per una famiglia di 2 persone). Inoltre, l'8,4 per cento delle persone vive in situazioni di sovraffollamento abitativo o in abitazioni prive di alcuni servizi e con problematiche strutturali.
Al Sud la povertà resta sui livelli più alti di sempre e il livello di disuguaglianza interno all'area deprime la ripresa dei consumi. Le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento della capacità del welfare pubblico di controbilanciare le crescenti disuguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud (si pensi alla minore diffusione del Terzo settore o, ad esempio, al ruolo irrisorio, rispetto al resto del Paese, che vi giocano le fondazioni di matrice bancaria nel finanziamento di iniziative sociali). La natura, la gravità e la persistenza della situazione sociale inducono a ritenere che solo un consistente e permanente aumento di capitale produttivo sia la risposta necessaria da dare per il superamento della condizione di difficoltà economica e sociale in cui ancora versa il Mezzogiorno e per assicurare ai cittadini un accettabile livello di reddito e di prestazioni sociali. Al tempo stesso, misure universalistiche di contrasto alla povertà, che abbiano una spiccata natura congiunturale anticiclica, sono altrettanto necessarie: il Rei (Reddito di inclusione) costituisce un primo passo in questa direzione, tuttavia insufficiente a coprire l'intera platea dei possibili beneficiari".
Ma torniamo ai dati presentati. In base alle previsioni della Svimez, quest'anno il Pil dovrebbe aumentare dell'1,1% al Sud e dell'1,4 % nel Centro-Nord. Nel 2018 la Svimez prevede un aumento del prodotto dello 0,9% nel Mezzogiorno e dell'1,2% al Centro Nord. Il principale driver della crescita meridionale nel 2017 dovrebbe nuovamente essere la domanda interna: i consumi totali crescerebbero dell'1,2% (quelli delle famiglie dell'1,4%) e gli investimenti al Sud del +2%. Si prevede anche una crescita per l'occupazione. (+0,6%)
L'occupazione è ripartita, con ritmi anche superiori al resto del Paese, ma mentre il Centro-Nord ha già superato i livelli pre crisi, il Mezzogiorno, che pure torna sopra la soglia simbolica dei 6 milioni di occupati, resta di circa 380mila sotto il livello del 2008, con un tasso di occupazione che è il peggiore d'Europa (di quasi 35 punti percentuali inferiore alla media Ue a 28)". Nella media del 2016, gli occupati aumentano al Sud di 101mila unità, pari al +1,7%, mentre al Centro-Nord si registra una crescita di 192mila unità, pari al +1,2%. "L'aumento dei dipendenti a tempo indeterminato è in termini relativi più accentuato nelle regioni del Mezzogiorno, segno che il Sud ha beneficiato del prolungamento della decontribuzione sulle assunzioni a tutele crescenti, ridotta sensibilmente nel resto del Paese.
Gli andamenti dell'ultimo biennio, in cui a crescere sono soprattutto gli occupati anziani e il lavoro a tempo parziale, non riescono tuttavia a invertire la preoccupante ridefinizione della struttura e della qualità dell'occupazione che si è determinata con la crisi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale. Il biennio di ripresa occupazionale non ha sostanzialmente inciso su questo quadro: nella media del 2016 a livello nazionale si registrano ancora oltre 1 milione e 900 mila giovani occupati in meno rispetto al 2008". Per quel che riguarda i settori, nel 2016, aumenta l'occupazione nell'industria (+2,4%), mentre diminuisce nelle costruzioni (-3,9%). Significativo incremento nel turismo (+2,6%).