Messaggio dell'arcivescovo Caiazzo per il Natale
Con riferimenti al Giubileo
mercoledì 25 dicembre 2024
Dall'omelia dell'arcivescovo Pino Caiazzo, pronunciata questa notte nella Cattedrale di Matera.
(...) Siamo qui riuniti nella notte dell'umanità per celebrare la luce che dall'alto dei cieli ha squarciato le tenebre, arrivando fino a noi per illuminarci. Contempliamo questa notte che ha segnato la storia, immergendoci nella luce divina, forse avvolti da paure, preoccupazioni, dolori e scoraggiamenti, frutto di ciò che i nostri occhi vedono, le nostre orecchie ascoltano e le nostre mani toccano, attraverso le immagini che ci giungono dai mezzi di comunicazione.
Siamo qui, nell'oscurità di questo tempo, come i pastori, a vegliare e scrutare i cieli, speranzosi di trovare segni di luce in un firmamento privo di stelle. Siamo qui, in una notte che colloca milioni di esseri umani ai margini della vita, sempre come i pastori, pronti ad accogliere una manifestazione del divino, per ritrovare quella dignità perduta, relegata in grotte senza luce e senza calore umano. Siamo qui, in questa notte in cui Dio si china verso di noi, facendosi come noi, carne che trasforma la luce in un'intensità capace di dissipare ogni tenebra. Noi, uomini del nostro tempo, abbiamo ancora una volta l'opportunità, come un "popolo che cammina nelle tenebre di vedere una grande luce; su coloro che abitano in terra tenebrosa che una luce rifulga".
Tuttavia, questo buio notturno segna la distanza tra noi e Dio. Essa è infinita per gli scoraggiati e per coloro che si sentono privi di speranza, ma viene annullata da chi, come i pastori che vegliano nella notte della vita, si lascia toccare dall'annuncio divino e si mette in cammino verso la grotta inondata di luce. Questa notte, in cui celebriamo il Natale di Dio che si è fatto carne, noi, piccole creature, ci troviamo avvolti dall'immensità del creato per adorare il Creatore dell'infinito universo. Ogni cosa, anche le forme di vita più piccole e apparentemente insignificanti, è stata voluta e creata dal Dio fecondo d'amore e di vita, che si piega verso di noi per farci ritrovare la dignità divina perduta senza di lui.
(...)
Natale è Gesù, e Gesù è la nostra speranza. Accogliendolo, diventiamo viandanti di speranza nel buio della storia, mentre ci avviciniamo all'Anno Giubilare del 2025. Come ho scritto nella mia lettera pastorale in preparazione al Giubileo: "Tra le molte ferite aperte e sanguinanti, cogliamo la fatica dei fragili, dei piccoli, dei vulnerabili, dei diseredati, esclusi dal bene comune, dalla giustizia sociale, dalla libertà e dai diritti umani. Sono coloro che non hanno accesso al pane da condividere, alla terra che dovrebbe accogliere, perché tutti siamo figli suoi e tra noi siamo fratelli. Eppure, proprio in questo contesto, si avverte un desiderio di pienezza di vita, per un'esistenza più bella e dignitosa".
Inoltre, "Il Giubileo rappresenta un'occasione unica per riscoprire che, come cristiani, siamo chiamati a essere seriamente 'viandanti di speranza'. Tutto sarà possibile se saremo capaci di lasciarci incontrare dal Signore, risentire la sua voce che chiama, anche oggi, a seguirlo, e toccare con mano quella fiducia pasquale che sana ferite e fa risorgere a nuova vita".
(...) Siamo qui riuniti nella notte dell'umanità per celebrare la luce che dall'alto dei cieli ha squarciato le tenebre, arrivando fino a noi per illuminarci. Contempliamo questa notte che ha segnato la storia, immergendoci nella luce divina, forse avvolti da paure, preoccupazioni, dolori e scoraggiamenti, frutto di ciò che i nostri occhi vedono, le nostre orecchie ascoltano e le nostre mani toccano, attraverso le immagini che ci giungono dai mezzi di comunicazione.
Siamo qui, nell'oscurità di questo tempo, come i pastori, a vegliare e scrutare i cieli, speranzosi di trovare segni di luce in un firmamento privo di stelle. Siamo qui, in una notte che colloca milioni di esseri umani ai margini della vita, sempre come i pastori, pronti ad accogliere una manifestazione del divino, per ritrovare quella dignità perduta, relegata in grotte senza luce e senza calore umano. Siamo qui, in questa notte in cui Dio si china verso di noi, facendosi come noi, carne che trasforma la luce in un'intensità capace di dissipare ogni tenebra. Noi, uomini del nostro tempo, abbiamo ancora una volta l'opportunità, come un "popolo che cammina nelle tenebre di vedere una grande luce; su coloro che abitano in terra tenebrosa che una luce rifulga".
Tuttavia, questo buio notturno segna la distanza tra noi e Dio. Essa è infinita per gli scoraggiati e per coloro che si sentono privi di speranza, ma viene annullata da chi, come i pastori che vegliano nella notte della vita, si lascia toccare dall'annuncio divino e si mette in cammino verso la grotta inondata di luce. Questa notte, in cui celebriamo il Natale di Dio che si è fatto carne, noi, piccole creature, ci troviamo avvolti dall'immensità del creato per adorare il Creatore dell'infinito universo. Ogni cosa, anche le forme di vita più piccole e apparentemente insignificanti, è stata voluta e creata dal Dio fecondo d'amore e di vita, che si piega verso di noi per farci ritrovare la dignità divina perduta senza di lui.
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Natale è Gesù, e Gesù è la nostra speranza. Accogliendolo, diventiamo viandanti di speranza nel buio della storia, mentre ci avviciniamo all'Anno Giubilare del 2025. Come ho scritto nella mia lettera pastorale in preparazione al Giubileo: "Tra le molte ferite aperte e sanguinanti, cogliamo la fatica dei fragili, dei piccoli, dei vulnerabili, dei diseredati, esclusi dal bene comune, dalla giustizia sociale, dalla libertà e dai diritti umani. Sono coloro che non hanno accesso al pane da condividere, alla terra che dovrebbe accogliere, perché tutti siamo figli suoi e tra noi siamo fratelli. Eppure, proprio in questo contesto, si avverte un desiderio di pienezza di vita, per un'esistenza più bella e dignitosa".
Inoltre, "Il Giubileo rappresenta un'occasione unica per riscoprire che, come cristiani, siamo chiamati a essere seriamente 'viandanti di speranza'. Tutto sarà possibile se saremo capaci di lasciarci incontrare dal Signore, risentire la sua voce che chiama, anche oggi, a seguirlo, e toccare con mano quella fiducia pasquale che sana ferite e fa risorgere a nuova vita".