“M.E.D.E.A. Big Oil”
Terry Paternoster e il collettivo “InternoEnki”, a teatro.
lunedì 13 gennaio 2014
11.02
L'altra metà del cielo lucano porta il nome di Medea.
La storia raccontata dal collettivo "InternoEnki" nella pièce teatrale, "M.E.D.E.A Big Oil", parla d'amore e di morte, di speranze (spesso disattese) e di vite spezzate.
Lo spettacolo, vincitore del premio "Scenario per Ustica 2013" - in scena il prossimo 16 gennaio al teatro Franco Stabile di Potenza – parte da un dato di fatto: "La Basilicata è la regione italiana con il più alto tasso di incidenza tumorale a livello nazionale, circa l' 80%". La voce narrante è quella della regista e scrittrice appulo-lucana, Terry Paternoster, che interpreta inoltre, il ruolo della protagonista, Medea, allegoria della Madre Terra: "Medea ha due figli, uno emigrerà in Germania e in seguito, vinto dal rimorso per aver lasciato sua madre tornerà in Basilicata restando disoccupato, ironia della sorte. L'altro figlio invece, morirà di cancro". Destino comune a molti dei cittadini lucani che i membri del collettivo, provenienti da tutta Italia, hanno intervistato. Lo spettacolo, infatti, nasce dalla raccolta in loco di storie di vita vissuta, racconti di morte, disoccupazione, emigrazione che la Paternoster ha condensato nel canto di "nove attori che rappresentano la paura interna, il conflitto con questo capo branco, la madre appunto, che non vede e non sente e che vuole costringere i suoi figli a restare nella terra dei padri condannandoli così ad un destino tragico"; nel cast anche gli attori gravinesi Donato Paternoster, Gianni D'addario ed Ezio Spezzacatena in qualità di tecnico audio.
Storie queste, che tuttavia cozzano inesorabilmente con i "tutto bene" snocciolati delle istituzioni e sembrerebbe l'unico dato statistico comprovato, in mancanza di un effettivo sistema di monitoraggio, secondo quanto riportato della regista: "Di fronte a questo problema sono impotenti, quando ho parlato con la compagnia petrolifera, con i politici e anche con alcuni cittadini mi è stato detto che è tutto a posto, il problema non appare affatto così drammatico" e incalza, "vogliamo cercare di sensibilizzare la gente, farla riflettere sul fatto che il petrolio è si una risorsa ma non basta, abbiamo una terra sulla quale investire che può ancora produrre, la vera risorsa è questa. Ci vuole un cambio di mentalità".
L'antica Medea, quella del mito, è una maga scaltra (ed è questo il significato del suo nome), l'eroina medita con freddezza la vendetta, uccide i suoi figli come prezzo che addebita a Giasone per averla abbandonata, si ribella. La M.E.D.E.A. lucana è invece l'acronimo di un master in management ed economia, della scuola Enrico Mattei e sostenuto dalla Eni. "Il pianto di queste madri che hanno perso i loro figli, che sono costretti ad andare via per costruirsi un futuro è il parallelismo con Medea" continua la regista. E ai lucani cosa resta? Oltre alle royalties pagate dalle compagnie petrolifere che in parte si traduce in carte carburanti (sulla quali, una tantum, viene accreditata una somma pari a circa 150 euro da spendere in benzina), per il momento si tratta di ipotesi "almeno fino a quando qualcuno non comproverà che va tutto bene davvero" conclude Terry Paternoster.
La storia raccontata dal collettivo "InternoEnki" nella pièce teatrale, "M.E.D.E.A Big Oil", parla d'amore e di morte, di speranze (spesso disattese) e di vite spezzate.
Lo spettacolo, vincitore del premio "Scenario per Ustica 2013" - in scena il prossimo 16 gennaio al teatro Franco Stabile di Potenza – parte da un dato di fatto: "La Basilicata è la regione italiana con il più alto tasso di incidenza tumorale a livello nazionale, circa l' 80%". La voce narrante è quella della regista e scrittrice appulo-lucana, Terry Paternoster, che interpreta inoltre, il ruolo della protagonista, Medea, allegoria della Madre Terra: "Medea ha due figli, uno emigrerà in Germania e in seguito, vinto dal rimorso per aver lasciato sua madre tornerà in Basilicata restando disoccupato, ironia della sorte. L'altro figlio invece, morirà di cancro". Destino comune a molti dei cittadini lucani che i membri del collettivo, provenienti da tutta Italia, hanno intervistato. Lo spettacolo, infatti, nasce dalla raccolta in loco di storie di vita vissuta, racconti di morte, disoccupazione, emigrazione che la Paternoster ha condensato nel canto di "nove attori che rappresentano la paura interna, il conflitto con questo capo branco, la madre appunto, che non vede e non sente e che vuole costringere i suoi figli a restare nella terra dei padri condannandoli così ad un destino tragico"; nel cast anche gli attori gravinesi Donato Paternoster, Gianni D'addario ed Ezio Spezzacatena in qualità di tecnico audio.
Storie queste, che tuttavia cozzano inesorabilmente con i "tutto bene" snocciolati delle istituzioni e sembrerebbe l'unico dato statistico comprovato, in mancanza di un effettivo sistema di monitoraggio, secondo quanto riportato della regista: "Di fronte a questo problema sono impotenti, quando ho parlato con la compagnia petrolifera, con i politici e anche con alcuni cittadini mi è stato detto che è tutto a posto, il problema non appare affatto così drammatico" e incalza, "vogliamo cercare di sensibilizzare la gente, farla riflettere sul fatto che il petrolio è si una risorsa ma non basta, abbiamo una terra sulla quale investire che può ancora produrre, la vera risorsa è questa. Ci vuole un cambio di mentalità".
L'antica Medea, quella del mito, è una maga scaltra (ed è questo il significato del suo nome), l'eroina medita con freddezza la vendetta, uccide i suoi figli come prezzo che addebita a Giasone per averla abbandonata, si ribella. La M.E.D.E.A. lucana è invece l'acronimo di un master in management ed economia, della scuola Enrico Mattei e sostenuto dalla Eni. "Il pianto di queste madri che hanno perso i loro figli, che sono costretti ad andare via per costruirsi un futuro è il parallelismo con Medea" continua la regista. E ai lucani cosa resta? Oltre alle royalties pagate dalle compagnie petrolifere che in parte si traduce in carte carburanti (sulla quali, una tantum, viene accreditata una somma pari a circa 150 euro da spendere in benzina), per il momento si tratta di ipotesi "almeno fino a quando qualcuno non comproverà che va tutto bene davvero" conclude Terry Paternoster.