Di Maggio al Senato: “Strana condanna per Colella”
Il senatore si esprime in merito alla vicenda giudiziaria relativa alla docente Unibas
sabato 24 ottobre 2015
L'affaire Colella finisce tra i banchi del Senato. Tito Di Maggio, senatore lucano, è intervenuto sul caso giudiziario - durante una seduta di Palazzo Madama – che coinvolge la docente di geologia dell'Università degli Studi di Basilicata, Albina Colella, condannata recentemente dal tribunale di Potenza a una pena di 9 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici. La professoressa è stata accusata di concussione e peculato per fatti avvenuti tra il 1999 e il 2001, riguardo a progetti didattici e l'uso di un gommone di proprietà dell'Ateneo.
Di Maggio ha qualche dubbio sulla "pesante" pena inflitta alla professoressa, anche in virtù dell'attività di ricerca che svolge. "In un paese in cui difficilmente si arriva a giudizio definitivo per amministratori corrotti – ha osservato il sentore - in Basilicata una docente universitaria è stata condannata a nove anni e sei mesi per peculato. Mi risulta quantomeno strano vedere un pena così dura per un'accademica, che si dà il caso sia la più severa ricercatrice in tema di inquinamento ambientale in regione". Di fatti Colella ha condotto diverse indagini sull'inquinamento delle falde acquifere in territorio lucano. Analisi scientifiche, condotte dalla professoressa insieme al Tenente Giuseppe Di Bello e persino dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Basilicata nel 2013, hanno dimostrato la presenza di rifiuti petroliferi.
Dunque, i conti non tornano. "Io rappresento una regione martoriata dalle estrazioni – ha affermato Di Maggio - che danno ricchezza al paese, ma non lasciano nulla sul territorio. Al momento non c'è nessuna certezza su quanto possano essere inquinanti, a causa della mancanza di controlli reali e dati certi sull'impatto delle attività estrattive sul territorio. Una situazione paradossale che la professoressa Colella col suo lavoro, sta meritoriamente contrastando".
"Faccio un appello alla maggioranza – ha concluso il senatore - perché possa veramente rivalutare le posizioni che il governo ha in materia di estrazioni petrolifere, anche alla luce della netta contrarietà di sette Regioni italiane che hanno deciso di ricorrere alla Corte costituzionale, contro la legge 'Sblocca Italia'".
Di Maggio ha qualche dubbio sulla "pesante" pena inflitta alla professoressa, anche in virtù dell'attività di ricerca che svolge. "In un paese in cui difficilmente si arriva a giudizio definitivo per amministratori corrotti – ha osservato il sentore - in Basilicata una docente universitaria è stata condannata a nove anni e sei mesi per peculato. Mi risulta quantomeno strano vedere un pena così dura per un'accademica, che si dà il caso sia la più severa ricercatrice in tema di inquinamento ambientale in regione". Di fatti Colella ha condotto diverse indagini sull'inquinamento delle falde acquifere in territorio lucano. Analisi scientifiche, condotte dalla professoressa insieme al Tenente Giuseppe Di Bello e persino dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente in Basilicata nel 2013, hanno dimostrato la presenza di rifiuti petroliferi.
Dunque, i conti non tornano. "Io rappresento una regione martoriata dalle estrazioni – ha affermato Di Maggio - che danno ricchezza al paese, ma non lasciano nulla sul territorio. Al momento non c'è nessuna certezza su quanto possano essere inquinanti, a causa della mancanza di controlli reali e dati certi sull'impatto delle attività estrattive sul territorio. Una situazione paradossale che la professoressa Colella col suo lavoro, sta meritoriamente contrastando".
"Faccio un appello alla maggioranza – ha concluso il senatore - perché possa veramente rivalutare le posizioni che il governo ha in materia di estrazioni petrolifere, anche alla luce della netta contrarietà di sette Regioni italiane che hanno deciso di ricorrere alla Corte costituzionale, contro la legge 'Sblocca Italia'".